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Spotify denuncia Apple per concorrenza sleale: la verità

Spotify denuncia Apple per concorrenza sleale: la verità

Sulla sinfonia de “La cavalcata delle Valchirie” di Richard Wagner si apre ufficialmente la guerra tra Spotify e Apple, e il settore riguarda proprio quello della musica in streaming e delle app store.

Mercoledì 13 marzo Spotify ha presentato una denuncia all’ufficio della commissaria Ue per la concorrenza Margrethe Vestager, accusando Apple di concorrenza sleale, in virtù delle regole dell’App Store che, secondo i gestori del servizio di streaming musicale, penalizzano fortemente alcuni sviluppatori favorendo altri, tra cui l’azienda di Cupertino. Si tratta di una presa di posizione forte da parte dell’azienda svedese, dopo la richiesta d’intervento dell’Europa avanzata a fine 2017.


“Negli ultimi anni, Apple ha introdotto regole sull’App store che limitano di proposito la scelta e soffocano l’innovazione a spese dell’esperienza degli utenti”, ha scritto il fondatore e amministratore delegato di Spotify Daniel Ek in una nota, riassumendo la paradossale situazione in un: “Sta in campo sia come giocatore sia come arbitro”.

Le accuse di Spotify

Le accuse di Spotify possono riassumersi nei seguenti punti:

  1. applicare una commissione del 30% ai guadagni delle applicazioni che distribuiscono contenuti digitali e sono ospitate sull’App Store, consentono a Apple di alzare l’asticella relativa al prezzo degli abbonamenti e rendere più conveniente il proprio servizio. Si tratta di Apple Music, lanciato nel 2015 a 9,99 euro al mese per competere proprio con Spotify, ed è preinstallato sui dispositivi;
  2. chi non riconosce ad Apple il 30%, viene negata la possibilità ai potenziali clienti di abbonarsi direttamente attraverso l’app Store, utilizzando il sistema di pagamento, o dall’interno dell’app;
  3. impossibilità di offrire ai clienti che utilizzano il servizio mediante app di Apple promozioni o sconti.

Concludendo, continua Daniel Ek, Spotify chiede semplicemente che:

  • i competitors devono essere messi in condizione di competere in base ai propri meriti rispettando le regole;
  • rispettare gli utenti chiamati a scegliere liberamente il sistema di pagamento che preferiscono, senza dover essere costretti ad usare un sistema con “tariffe discriminatorie”;
  • le app store non dovrebbero monitorare le comunicazioni tra gli utenti e i gestori dei servizi.

La replica di Apple

Apple ha replicato mediante una nota ufficiale alle accuse mosse da Spotify, incolpando quest’ultimo di “volere tutti i benefici di un’app gratuita senza che questa la sia”.La replica di Apple:

Dopo aver utilizzato l’App Store per anni per incrementare incredibilmente il suo business, Spotify cerca di prendere tutti i benefici dell’ecosistema App Store – comprese le entrate sostanziali che attingono dai clienti dell’App Store – senza fornire alcun contributo a questo marketplace.


Nel contempo, distribuiscono la musica che ami dando contributi sempre più piccoli agli artisti, ai musicisti e ai cantautori che la creano, arrivando persino a portare questi autori in tribunale.

Il riferimento è al ricorso di Spotify e Amazon a un’ordinanza dell’americano Copyright Royalty Board che impone un aumento del 44% dei pagamenti dei diritti.

 


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