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Lofar: dietro alle nuove scoperte, ricercatori italiani

Lofar: dietro alle nuove scoperte, ricercatori italiani

La radioastronomia è da anni ormai fonte di meraviglia e conoscenza per chiunque si sia mai interessato del nostro cosmo. Tra le tante apparecchiature che sono state costruite nel corso degli anni, sicuramente il LoFAr (Low Frequency Array) si distingue come uno dei più potenti e prestigiosi sistemi di osservazione mai costruiti.

Oltre 200 ricercatori, provenienti da 18 paesi (tra cui l’Italia), sono coinvolti nella ricerca e nello studio di corpi e fenomeni celesti. L’INAF e l’Università di Bologna si sono prodigati per anni in questo campo, e ora hanno unito i loro sforzi a quelli del resto del mondo.

La nuova indagine scientifica cerca di spiegare nuovi aspetti dell’evoluzione degli ammassi di galassie e della composizione dei buchi neri. LoFAr è un sistema colossale, ben 25mila antenne dislocate in 51 stazioni, distribuite in 7 stati europei. Grazie a questo sistema di osservazione del cosmo i ricercatori sono stati in grado di studiare in modo approfondito una enorme porzione di cielo, ben un quarto dell’emisfero settentrionale, e le informazioni raccolte sono già state tantissime.


25 articoli sono stati pubblicati oggi sulla rivista scientifica Astronomy & Astrophysics, di cui uno addirittura a firma italiana. La cosa più sconcertante è che questi articoli riguardano solo il 2% del cielo osservato, e racchiudono solo il 10% dei dati raccolti finora. Immaginate dunque la mole di dati importantissimi che sono stati raccolti durante questo progetto di ricerca.

Finora, sono state tracciate circa 300.000 sorgenti a bassa frequenza, tutte identificate come galassie situate nello spazio profondo. Alcune si trovano addirittura a distanze di svariati miliardi di anni luce rispetto al nostro pianeta. I segnali che vengono dunque raccolti dal LoFAr sono debolissimi, e facilmente mascherabili da rumore e disturbi vari. Fortunatamente, la sensibilità del sistema di ricezione è assolutamente in grado di distinguerli.

Le antenne sviluppate da Astron (l’istituto olandese di astronomia) sono in grado di osservare da vicino gli ammassi di galassie, per scoprirne anche i dettagli apparentemente più impercettibili. Da quanto si evince, l’equipe di ricercatori ha dalla sua parte uno degli strumenti di indagine cosmica più evoluti e potenti che siano mai stati costruiti.

Tante sono le domande a cui LoFAr ha dato risposte anche in materia di buchi neri. Ad esempio, i getti di materiale che sono stati osservati nelle galassie più lontane forniscono informazioni sull’attività dei loro buchi neri. In particolare, si è capito che sono sempre in attività, non smettono mai di consumare il materiale siderale che li circonda.


Annalisa Bonafede, professoressa associata dell’Alma Mater e ricercatrice INAF, descrive così la sua esperienza nel progetto:”Quello che stiamo iniziando a vedere con Lofar è che, in alcuni casi, anche gli ammassi di galassie che non mostrano evidenza di forti interazioni possono mostrare questa emissione, ma a un livello molto basso che comunque in precedenza non era rilevabile. Questa scoperta ci dice che anche gli eventi di interazione minore fra ammassi possono innescare meccanismi di accelerazione di particelle su enormi scale”

Gianfranco Brunetti, primo ricercatore presso Inaf – Ira di Bologna e coordinatore del Consorzio LoFAr italiano, aggiunge: “Nell’immediato futuro ci aspettiamo un contributo molto importante all’esplorazione dei dati Lofar da parte della nostra comunità. Inoltre va detto che oggi stiamo sviluppando degli strumenti per l’analisi dei dati che sono molto più potenti di quelli utilizzati in questi primi articoli e che ci permetteranno di ottenere immagini ancora più profonde e dettagliate”.

L’obiettivo futuro del team è quello di ottenere immagini ad alta definizione dell’intero cielo del Nord, mirando alla classificazione ed allo studio di oltre 15 milioni di sorgenti radio.


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